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Ciociaria Oggi di
giovedì 19 marzo 2009
Il 10 aprile torna ad Arce
la ventinovesima edizione della "Passione Vivente"
Le sofferenze e la passione di Cristo
nella suggestione di un film in diretta
ARCE – Fervono i preparativi
alla ventinovesima edizione della Passione Vivente di Arce. Un grande evento che
si differenzia delle tante manifestazioni di questo genere. È originale e
particolarissima, e negli anni è divenuta molto importante e conosciuta a
livelli nazionali ed internazionali. Chi ha avuto modo di vederla, può
constatare che il Venerdì Santo ad Arce è una sorta di film in diretta, di
altissima spettacolarità e suggestione. La manifestazione, che si terrà il
prossimo 10 aprile alle 20,30 in piazza Umberto I, ha una durata di circa tre
ore e vi partecipano circa quattrocento personaggi in costume d’epoca, si svolge
nella piazza principale del paese e in vie e largari adiacenti. Vi sono
dialoghi, musiche, luci in un’atmosfera unica. Nata nel 1974, si svolge con
cadenza biennale. A monte della sua nascita vi è stata una valutazione
culturale. In quell’epoca, c’era in atto una trasformazione profonda della
economia del territorio locale. Era stato, a memoria d’uomo, prevalentemente
agricolo, legato al lavoro dei campi; diventando industriale, a seguito di
importanti insediamenti in prossimità, e di alcune realtà si apriva al
commercio. L’agricoltura diventava sempre di più una seconda attività o un
retaggio. Probabilmente, il più grosso cambiamento da quando, con la fine del
Regno delle due Sicilie, era venuta meno la connotazione di terra di confine
(Arce era infatti cittadina di confine) , con il relativo dinamismo di traffici
e di commerci, e l’economia si era come acquietata nelle pieghe di un territorio
divenuto provincia interna e di una terra non fertilissima, ma neppure troppo
avara. Con la trasformazione dell’economia, cambiavano conseguentemente i
valori. L’impronta religiosa diventava meno totalizzante, meno corale, meno
fatto collettivo e sociale. In alcune parti della società cominciavano a fiorire
spinte di laicità. In molti, l’impulso religioso cominciava ad acquistare una
dimensione più intima e privata. E questo cambiamento appariva epocale, sia
nell’economia sia nel sistema dei valori. A questo punto si pensò di fissare la
dimensione sociale del dato religioso, prima che venisse meno. Ma nel contempo
si pensò di calarlo in forme espressive nuove, che fossero capaci di adeguarsi
alla modernizzazione che era in atto e di traghettare quei valori nell’epoca
nuova; e che fossero capaci di dare una spettacolarità funzionale all’intento di
promozione turistica del territorio. E a tal fine che si fece la sintesi delle
tradizioni preesistenti del Venerdì santo della provincia, che erano costituite,
da un canto, dalle processioni, e d’altro canto dalla rappresentazioni di tipo
teatrale. Le processioni erano per lo più di tipo strettamente religioso: con i
fedeli oranti che seguivano la statua del Cristo morto, con preghiere e canti;
con la suggestione di una religiosità profonda che veniva manifestata e
declamata. Così erano anche ad Arce. In qualche altro centro, le processioni
erano in costume d’epoca, che aggiungevano la spettacolarità dei costumi alla
suggestione del tema e della giornata; ma , nel contempo, perdevano la
suggestione della sacralità. In ogni caso, queste manifestazioni di tipo
“processionale” erano prive di tessuto narrativo e di scenografia. Le
rappresentazioni teatrali, invece, avevano il tessuto narrativo, con finzione
scenica e recitazione. Ma erano legate alla fissità e alla ristrettezza della
scena: sui sagrati delle chiese, o su qualche palco realizzato all’uopo. Non
avevano il respiro di movimento delle processioni, non avevano la dimensione a
grandezza naturale della cornice scenica. Ad Arce si è pensato di fare la
sintesi: dalle rappresentazioni teatrali si sono presi il tessuto narrativo e i
dialoghi; dalle processioni si sono prese la dimensione naturale delle scene,
il movimento di un gran numero di persone, la funzione degli scenari naturali
come cornice della narrazione. E a tutto questo si sono aggiunte le musiche, le
luci , gli effetti speciali. La somma delle diverse componenti crea l’effetto di
un film, in diretta, ma calato nella scenografia naturale che il paese offre,
dotato di grande suggestione. E, ad ampliare l’effetto spettacolare di questa
sintesi, è stato creato un tessuto narrativo di grande effetto, nel quale, pur
nella fedeltà dell’insieme della storia e, ovviamente, dei passaggi dei quali è
protagonista la figura del Cristo, sono stati inserite delle scene ispirate
liberamente al dato storico, in modo tale da potersi adattare alle connotazioni
della manifestazione e da poter offrire una valenza aggiuntiva di suggestione.
Così, sono state inserite scene quali la rivolta e la cattura di Barabba, o la
cattura dei ladri , o le sfilate e le cerimonie militari. Unica nel suo genere è
poi la scena finale della crocifissione, che è stato uno dei tratti salienti
della manifestazione sin da quando è nata. Con le croci che realmente vengono
piantate al suolo, con il loro carico sofferente, e restano poi lì fino
all’epilogo. Su di un piccolo rilievo che sembra fatto apposta per questa
utilizzazione scenica. Con sullo sfondo, immoto, il suggestivo centro storico
del paese. Questa manifestazione è stata ed è sempre più un contenitore e un
caleidoscopio. Vi sono la spiritualità e l’umanità, le tensioni ideali,
l’entusiasmo, i sentimenti, la sofferenza , la gioia e la fatica del vivere.
Accompagna e scandisce la vita della comunità arcese. La sera del Venerdì Santo
occorre essere tra il pubblico, dal vivo, tra la folla enorme che solitamente fa
da cornice all’evento, si possono cogliere molto più intensamente le emozioni
che questa manifestazione può dare. Maggiori informazioni e le foto dell’evento
possono essere reperite sul sito ufficiale www.passionevivente.it
Vincenzo Polselli
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